“Spiderman – No Way Home” è uno dei film più attesi dell’anno, e questa è la nostra opinione (rigorosamente senza spoiler).

Sebbene negli ultimi anni sia diventato un fenomeno mondiale, un franchising capace di produrre film campioni di incassi, quello dei cinecomics è un genere che esiste da tempo immemore. Basti pensare alla saga di Superman interpretata da Christopher Reeve (1978 – 1987); e alle due pellicole su Batman dirette da Tim Burton (“Batman”-1989 e “Batman Returns”-1992). Tuttavia, nel decennio successivo l’uscita del secondo capitolo con Michael Keaton nei panni dell’Uomo Pipistrello, i cinecomics hanno subito un improvviso declino dettato da una serie di insuccessi come “Batman & Robin” di Joel Schumacher o “I fantastici quattro” di Roger Korman, rimasto anonimo in molti paesi.
Un declino che andò avanti fino ai primi anni del 2000.
Nelle sale cinematografiche, uscì il primo capitolo dedicato alla saga degli “X–Men” (con Hugh Jackman nei panni di Wolverine) e, soprattutto, “Spiderman” di Sam Raimi. Quest’ultimo ebbe un importante impatto culturale donando – per fortuna – nuova linfa vitale al genere dei cinecomics.

Quello di Sam Raimi fu un vero e proprio cult. Diede vita a scene iconiche come l’attacco a Time Square e il bacio sotto la pioggia tra Spiderman e M.J. Watson (Kirsten Dunst), ma soprattutto perché Maguire impersonò per la prima volta un supereroe in grado di cogliere il plauso di pubblico e critica, un personaggio in cui chiunque si potesse identificare e, cosa ancora più importante, un Peter Parker che avesse tutte le caratteristiche della versione fumettistica, dalla passione per la scienza e per la fotografia, alla timidezza cronica verso ogni ragazza, all’emarginazione e al bullismo. Lo Spiderman di Maguire infatti rispecchiò perfettamente il personaggio creato da Stan Lee. Un ragazzo semplice che, oltre a padroneggiare dei poteri acquisiti per caso, deve fare i conti con i quotidiani problemi della vita.
Per assurdo, potrebbe non essere del tutto errato affermare che, non fosse stato per “Spiderman”, probabilmente non esisterebbe l’intero franchising dei cinecomics non solo della Marvel, ma anche delle altre case di produzione.
Come scritto in precedenza, Sam Raimi diede origine a quello che può essere considerato il cinecomics moderno. In particolare al filone di film incentrati sull’Uomo Ragno. Difatti, conclusasi la saga diretta da Raimi, altri due attori hanno vestito i panni di Peter Parker: Andrew Grafield, protagonista della serie di “The Amazing Spiderman”; e Tom Holland, ossia l’Uomo Ragno dell’MCU di cui è uscito da poco il nuovo capitolo, “Spiderman – No Way Home”.

Purtroppo, nonostante l’incredibile ascesa dei cinecomics, il personaggio di Peter Parker ha avuto decisamente degli alti e dei bassi.
Se quello di Raimi aveva convinto gli appassionati di cinema e di fumetti, alcuni dei capitoli successivi, sono stati piuttosto scadenti sia a livello di sceneggiatura che di sviluppo del personaggio. Ebbene, “Spiderman – No Way Home”, sotto molti punti di vista, secondo noi rappresenta uno dei punti più bassi toccati dalla filmografia dedicata all’Uomo Ragno. Come spesso accade, quella di Jon Watts è una pellicola che ha dei pregi e dei difetti. E purtroppo le pecche superano di gran lunga i meriti.
Difatti, complice una sceneggiatura poco solida, carica di forzature e buchi di trama, la narrazione risulta poco coinvolgente. Il fattore nostalgia infatti è troppo ingombrante e intralcia decisamente la narrazione stessa. Tuttavia, nonostante i numerosi fanservice e l’apparizione dei villain provenienti dagli universi paralleli, per tutta la durata del film Peter Parker rimane il vero protagonista della storia. Ciononostante, sebbene la sua evoluzione (specialmente nel finale) risulti credibile e ben elaborata, le decisioni prese dal personaggio di Tom Holland, che influenzeranno tutto l’andamento degli eventi, appaiono pessime e assolutamente prive di senso.

Sarebbe bastato un attimo a far concludere il film. Ma “logicamente” il fattore nostalgia ha influenzato talmente tanto la narrazione – con citazioni più o meno evidenti – che la trama ne ha risentito pesantemente sull’andamento della storia e sul filo logico della pellicola. Non solo.
La caratterizzazione è stata altamente trascurata.
È accettabile che un film possa intrattenere, ma non è tollerabile che non abbia un senso logico. Alcuni personaggi, come il dottor Octupus di Alfred Molina – per esempio -, che nelle loro precedenti apparizioni avevano una personalità ben definita e un carisma che a tratti riusciva decisamente a superare quello del protagonista, in “Spiderman – No Way Home” sono stati ridotti a figure senza alcuna rilevanza.

Tutto quello che accade, sembra succedere per il semplice motivo che lo spettatore si aspetta che avvenga. La battaglia finale – per esempio – in cui assistiamo allo scontro tra Spiderman e i suoi acerrimi nemici, è totalmente illogica. Ogni villain tenta di perseguire il proprio scopo, senza mai formare una vera e propria alleanza contro colui che intralcia i loro piani. L’unico che sembra avere una vera motivazione nell’accanirsi contro Peter Parker, è Green Goblin, la cui follia viene resa in maniera impeccabile da un Willem Dafoe perfettamente in parte. Anche se tale follia risulta credibile esclusivamente per merito della bravura dell’attore piuttosto che da una sceneggiatura chiara e concisa.
Lo stesso Doctor Strange, stregone autoritario e dai poteri sconfinati, capace di carpire, tra milioni di possibilità, l’unica alternativa per sconfiggere Thanos e il suo esercito, verrà ridicolizzato non solo da Peter Parker, ma anche da Ned e da M.J.

In conclusione, anche se totalmente basato su un fanservice, “Spiderman – No Way Home” è un film godibile, in grado di provocare delle forti emozioni cariche di nostalgia. Tuttavia, sebbene sia lecito emozionarsi e commuoversi per un prodotto commerciale è inconcepibile che una pellicola importante come quella diretta da Jon Watts, non segua alcun filo logico ma si limiti semplicemente a mettere in scena ciò che il pubblico si aspetta di vedere, a differenza di “Avengers: End Game” in cui i fanservice erano sì accompagnati da una risoluzione al limite del paradossale (il topo) ma definiti funzionali al fine della trama.

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Siamo AlexMadoka (Alessia) e il Signor Nessuno (Andrea), fondatori di Elementocreativo.it, due ragazzi convinti che la creatività sia il bene supremo della vita. Nostalgici per natura, apparteniamo ai favolosi anni ’80, epoca di grandi film e successi musicali. Viviamo di cinema, musica e letteratura, in pratica ci nutriamo di tutto quello che si può considerare arte e mistero… sognando un giorno di poter approdare sull’Isola che non c’è in groppa a Falcor il Fortunadrago.