Ne “Gli occhi di Tammy Faye” Jessica Chastain interpreta la predicatrice evangelista più famosa d’America. Questa è la nostra opinione sul biopic della donna che voleva “amare le persone”.

Morta il 20 luglio 2007, Tammy Faye è stata una figura tanto importante quanto scomoda del piccolo schermo americano. Infatti, assieme al marito Jim Bekker, è riuscita a creare un vero e proprio impero televisivo. Un impero che ha permesso loro di diffondere la parola del Signore attraverso dei talk andati onda, principalmente negli anni ‘80, sulla rete religiosa PTL.
Predicatrice evangelista per vocazione, nonché icona della cultura LGBTQI, Tammy ha sempre predicato messaggi di amore incondizionato per ogni creatura di Dio. Una donna convinta che l’unica che contasse fosse la fede nel Signore piuttosto che il proprio orientamento sessuale.
Una convinzione che provocò inoltre lo sdegno in molti esponenti della Chiesa.

In particolare, suscitò il disprezzo del pastore conservatore Jerry Falwell. Questi, sfruttando la frode finanziaria di Jim e lo scandalo legato alla sua presunta omosessualità, distrusse il loro impero mediatico. Prendendo ispirazione da tali vicende, il regista Michael Showlater, ha deciso di raccontare la storia dei coniugi Bekker attraverso gli occhi di Tammy Faye, perennemente ornati da lunghe ciglia e da un pesante mascara colorato, creando un’immagine che le è valsa il titolo di “Prima Drag Queen”.
Per quanto la regia possa risultare sostanzialmente ordinaria ma efficace, senza particolari movimenti di macchina o inquadrature azzardate, il più grande pregio del film “Gli occhi di Tammy Faye” è quello di basare l’intera trama sull’interpretazione di Andrew Garfield (Jim Bekker), che risulta odioso fin dalle prime battute e, soprattutto, di Jessica Chastain (Tammy Faye), che si cala completamente nella parte esibendosi in quella che potrebbe essere la miglior performance della sua carriera (almeno fino a questo momento).
E probabilmente è proprio grazie allo stile di regia semplicistico che permette a Jessica Chastain di mostrare tutto il talento di attrice e di cantante.

Si, perché nonostante il trucco pesante e alla trasformazione fisica, l’attrice riesce ad essere intensa ed espressiva, cogliendo ogni sfumatura del suo personaggio. E quella scena finale, con la Chastain che esegue un “Glory, glory, halleluja” da brividi, è qualcosa che difficilmente potrà essere dimenticato.
Presentato come film di apertura alla Festa del Cinema di Roma, “Gli occhi di Tammy Faye” non è solamente un biopic su una grande donna che si è vista condannare a causa delle sue idee progressiste e alla sua vicinanza con la comunità LGBTQI (che all’epoca era chiamata comunità gay). “Gli occhi di Tammy Faye” è una critica a quella fetta d’America puritana che, ancora oggi purtroppo, considera deplorevoli (se non depravati) alcune “inclinazioni” che invece sono del tutto naturali, e che, oltretutto, non considera la donna al pari dell’uomo.

Sebbene in alcune parti la trama scricchioli, complice una sceneggiatura a volte un po’ troppo lineare e sbrigativa, “Gli occhi di Tammy Faye” riesce comunque nello scopo di rendere giustizia ad una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi al patriarcato e a quella comunità ecclesiastica che mai come nella pellicola di Showlater appare come un’associazione a delinquere e con un immenso potere politico. Tuttavia è bene sottolineare che il film non critica mai, neppure per un singolo istante, la religione o i fedeli che credono in Dio, bensì si scaglia contro la Chiesa e contro quei luminari tanto retrogradi quanto conformisti.
In conclusione, “Gli occhi di Tammy Faye”, nonostante abbia i suoi difetti (e quale film non ne ha?) è una pellicola intensa e riflessiva, che si distacca dal classico biopic risultando meno presagibile di quanto si possa immaginare.

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Cresciuto a pane e cinema, scrive i suoi articoli scegliendo parole a caso lanciando una moneta. Il suo più grande sogno è quello di gustarsi un hamburger al Big Kahuna Burger, farsi tagliare la barba da Sweeney Todd per poi godersi un tranquillo soggiorno all’Overlook Hotel. Gli piace fare a pugni, sfondare le vetrate, mangiare lampadine e sfidare i pescecani, e adora andare a spasso con Daisy guidando il taxi di Travis Bickle e concludere la giornata dicendo “sono un tantino stanco, credo che tornerò a casa”.