Ogni cantante ha bisogno di una canzone che gli consenta di entrare nella storia della musica. Per Bruce Springsteen, questa canzone è stata “Dancing in the Dark”.

“I was born in the U. S. A.”. Questo era il titolo provvisorio del copione scritto da Paul Schrader, già sceneggiatore di “Taxi Driver” e “Toro Scatenato”, film che in seguito uscì al cinema con il titolo “La luce del giorno”. Paul aveva deciso di far leggere il copione a Bruce Springsteen, uno dei suoi più cari amici nonché suo grande fan, per avere un opinione del tutto disinteressata.

Curiosità vuole che quelle parole, scritte sulla prima pagina di una sceneggiatura ancora in fase di sviluppo, ispirarono il Boss per la creazione di quello che divenne il più grande successo della sua carriera, l’album che fece entrare Bruce Springsteen di diritto nell’olimpo della musica, “Born in the U. S. A”.
All’epoca Springsteen, reduce dall’insuccesso di “Nebraska”, album pubblicato nel 1982, era sprofondato nel pericoloso baratro del blocco dello scrittore.
Tuttavia, gli bastò canticchiare le prime parole di “Born in the U.S.A.” per ritrovare la vena creativa, assente ormai da quasi due anni. Rielaborò così in chiave acustica alcuni testi, che aveva scritto prima della pubblicazione di “Nebraska”: “Working on the Highway”, “Glory Days” e “Downbound Train”. E in sole tre settimane, assieme alla band, riuscirono a registrare ben otto nuove canzoni da inserire nel nuovo album.

Il disco stava lentamente prendendo forma. E una volta ultimata la stesura dei nuovi brani “Bobby Jean”, “No Surrender” e “My Hometown”, sembrava veramente che “Born in the U. S. A.” fosse pronto per invadere i negozi di musica di tutto il mondo. Ma il meritato riposo di Springsteen, in attesa della pubblicazione dell’album, durò ben poco. Infatti, Jon Landau, critico musicale per il Real Paper di Boston, convinse il Boss che al suo nuovo disco mancasse qualcosa, un singolo capace di dare pepe all’album e smuovere le platee!
Così Springsteen, tutt’altro che incline a dover interrompere la sua pausa dal frenetico mondo delle sale di registrazione, concepì un testo che parlava del desiderio di fuggire da quel senso di alienazione che lui stesso aveva provato durante la lavorazione del disco. Un brano movimentato, coinvolgente e profondo a cui decise di dare l’emblematico titolo di “Dancing in the Dark”.


Il 4 maggio 1984 “Born in the U.S.A.” fece ufficialmente la sua comparsa sulla scena musicale.
Il disco fu capace di vendere oltre trenta milioni di copie in tutto il mondo e fu definito, dallo stesso cantautore, come “un album che vive di vita propria”. Cinque giorni più tardi, il 9 maggio 1984, Springsteen pubblicò “Dancing in the Dark”, il primo dei sette singoli tratti dal suo nuovo lavoro. Il successo fu immediato, tanto da spingere l’etichetta discografica, complice anche l’avvento di MTV, a proporre al Boss di girare quello che fu il suo primo video musicale.
Sebbene inizialmente fosse restio all’idea, il cantante fu costretto ad arrendersi e ad ammettere che quello dei clip musicali fosse un fenomeno in rapida espansione, tant’è che grazie a “Born in the U. S. A.” conquistò la scena mondiale del Rock. E quindi, il 29 giugno 1984, Bruce Springsteen e la sua band si trovarono al cospetto di Brian De Palma, già regista di “Carrie – Lo sguardo di Satana” (1976) e di “Scarface” (1983), per girare il video di una delle canzoni più amate del momento.
De Palma, che aveva accettato di girare il video grazie alla sua amicizia con Jon Landau, decise che l’opening del “Born in the U. S. A.” tour sarebbe stata l’occasione perfetta. Per la realizzazione del videoclip, De Palma voleva catturare l’energia dirompente della canzone e per farlo riprese Springsteen mentre si trovava sul palco e, assieme alla E Street Band, si esibiva in una versione live di “Dancing in the Dark” al Saint Paul Civic Center di Saint Pail (Minnesota). Poco prima di iniziare le riprese, De Palma presentò al Boss una giovane e avvenente ragazza con i capelli corvini e con due stupendi occhi azzurri. Sul finale del video musicale, Springsteen avrebbe dovuto invitarla sul palco per ballare assieme a lei.
Ed è qui che il videoclip diretto da De Palma è entrato di diritto nella storia della musica.

Difatti, dopo aver eseguito l’ultima strofa della canzone ed essersi gettato il microfono alle spalle, il Boss si chinò verso il pubblico e, allungando la mano, aiutò la fanciulla a raggiungerlo sul palco. Di fronte ad un immenso pubblico esultante, i due danzarono l’uno di fronte all’altra seguendo il ritmo della melodia instrumental di “Dancing in the Dark”.


Per giorni Springsteen rimase con la convinzione che colei che aveva avuto l’onore e il privilegio di partecipare alla realizzazione del suo primo video musicale fosse una semplice fan. Soltanto in seguito De Palma rivelò al cantante che in realtà si trattava di Courteney Cox, un’aspirante attrice che aveva selezionato durante un casting e che in futuro si sarebbe fatta conoscere come Monica Geller, protagonista della sitcom di successo “Friends”.
Il video di De Palma non fece altro che aumentare la notorietà della canzone e in men che non si dica schizzò ai vertici della classifica dei clip musicali, risultando secondo solamente a “When Doves Cry” di Prince.
Qui il video di “Dancing in the dark”.
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Cresciuto a pane e cinema, scrive i suoi articoli scegliendo parole a caso lanciando una moneta. Il suo più grande sogno è quello di gustarsi un hamburger al Big Kahuna Burger, farsi tagliare la barba da Sweeney Todd per poi godersi un tranquillo soggiorno all’Overlook Hotel. Gli piace fare a pugni, sfondare le vetrate, mangiare lampadine e sfidare i pescecani, e adora andare a spasso con Daisy guidando il taxi di Travis Bickle e concludere la giornata dicendo “sono un tantino stanco, credo che tornerò a casa”.