La passione per il cinema ci porta a pensare che le stelle di Hollywood abbiano avuto una vita più che perfetta. Non c’è niente di più sbagliato. Audrey Hepburn, per esempio, dovette fare i conti con le atrocità della guerra.

Attrice Premio Oscar e ambasciatrice dell’UNICEF, Audrey Hepburn è sempre stata considerata come l’emblema della donna perfetta. Bella e talentuosa, possedeva un’eleganza naturale, ostentata da quel portamento impeccabile che, nonostante riuscisse a trasmettere umorismo e umiltà, riuscì a renderla una delle stelle più splendenti del firmamento hollywoodiano. Grazie a quell’aria da eterna ragazzina, maliziosamente innocente, e a quella profondità con cui caratterizzava ogni suo personaggio, Audrey Hepburn ha avuto il merito di ammaliare intere generazioni di spettatori, oltre a influenzare (ancora oggi) centinaia di attrici. Per citare le parole di Gregory Peck, coprotagonista in “Vacanze Romane”, il film che fece conoscere al mondo il mito della Hepburn
“Nell’arco di tutta la sua carriera, è stata un simbolo di grazia, avvenenza, raffinatezza e di grande spiritualità. Tutti coloro che hanno avuto l’onore e il privilegio di lavorare con lei sono rimasti colpiti tanto dalla sua bellezza quanto dalla sua sensibilità”.

Tuttavia, dietro a tanta perfezione, si cela un passato traumatico. Un’infanzia e un’adolescenza sconvolte dagli orrori della guerra che, oltre a distruggere i suoi sogni di ragazzina, segnarono indelebilmente tutta la sua vita.

Nata a Ixelles, nella Région de Bruxelles-Capitale, il 4 maggio del 1929, Audrey Kathleen Ruston Hepburn era figlia della baronessa Ella van Heemstra e di Joseph Anthony Ruston, diretto discendente di James Hepburn, IV conte di Bothwell, dal quale ha poi ereditato il cognome. Audrey visse parte della sua fanciullezza in un mondo fiabesco, educata, secondo la tradizione della famiglia van Heemstra, alle buone maniere e alla letteratura classico. Ma, soprattutto, ricevette un forte incoraggiamento dalla madre quando cominciò a mostrare i primi interessi per la musica e per la danza. Sostegno che in seguito l’avrebbe aiutata a intraprendere la carriera da attrice.
Ma ben presto il regno idilliaco in cui la piccola Audrey stava crescendo iniziò improvvisamente a sfaldarsi.


Nel 1935, quando la piccola Audrey aveva appena sei anni, il padre, Joseph se ne andò di casa senza nessun preavviso e nessuna spiegazione. Non è chiaro se rivide mai sua figlia, ma quello che oggi sappiamo con certezza è che il dolore per l’assenza del padre, con il conseguente divorzio da Ella, accompagnò la Hepburn per il resto della sua vita.
E così la sua infanzia venne segnata da continui trasferimenti che la portarono a vivere prima in Olanda e poi in Inghilterra. Qui cominciò a frequentare la scuola elementare, nutrendo la speranza di potersi riavvicinare al padre che all’epoca viveva a Londra. Purtroppo per lei, Joseph non mantenne la promessa. E così, a seguito dell’ufficializzazione del divorzio, nel 1939 Audrey tornò a vivere in Olanda assieme alla madre e ai due fratellastri maggiori, Ian e Alexander. Per un breve periodo sembrò che tutto andasse per il meglio. La famiglia viveva nel Castello di Zijpendaal, un’immensa e fiabesca tenuta immersa nel verde. La madre iscrisse Audrey al Conservatorio di Musica e Danza di Arnhem, e insieme assistettero a numerosi spettacoli teatrali.
Ma l’idillio durò ben poco…
Difatti, appena un anno dopo il ritorno in Olanda di Audrey, l’esercito tedesco invase i Paesi Bassi occupando anche la residenza dei van Heemstra. Rimaste sole, dopo la fuga di Alexander per evitare l’arruolamento e il reclutamento di Ian da parte dell’esercito olandese, madre e figlia si trasferirono a Velp dal nonno materno di Audrey dove venne ribattezzata con il nome di Edda van Heemstra, in modo da celare le sue origini britanniche.

In questo clima di paura e oppressione, la giovane Audrey, che al momento dell’invasione tedesca aveva appena undici anni, assieme alla madre e alla compagnia del Conservatorio di Arnhem, cominciò a sostenere attivamente la Resistenza. Divenuta ormai una ballerina a tutti gli effetti, decise di organizzare privatamente piccoli spettacoli di danza per raccogliere fondi da donare ai partigiani olandesi, elaborando le coreografie e adattando le stoffe di vecchie tende per cucire i costumi di scena. Dando prova di possedere un coraggio e una determinazione ammirevoli per una bambina della sua età, decise di sfruttare la sua conoscenza della lingua inglese per consegnare messaggi alle truppe britanniche che si nascondevano nelle foreste ai margini della città.
Ma nonostante gli impegni e la collaborazione tra la resistenza britannica e olandese, l’occupazione dell’esercito tedesco si fece sempre opprimente.
I crucchi arrivarono a confiscare i fondi e i beni delle famiglie più facoltose del paese, inclusi quelli dei van Heestra. E, come se questo non fosse abbastanza, a seguito di uno sciopero perpetrato dai ferrovieri olandesi, i soldati di Hitler bloccarono tutti i rifornimenti di cibo. A farne le spese furono, ovviamente, i civili. Mal nutrita e gravemente deperita a causa delle ristrettezze alimentari dettate dall’occupazione, Audrey dovette rinunciare al ballo tanto era debole.


E, col passare del tempo, la situazione ad Arnhem non fece che peggiorare.
La giovane aspirante ballerina fu prima costretta a lavorare forzatamente nelle cucine dell’esercito tedesco e poi, assieme alla madre e al nonno, passò settimane intere nascosta in una cantina per evitare i bombardamenti, fino a quando l’esercito britannico non giunse in soccorso delle truppe olandesi, nel maggio del 1945, liberando il paese dalla piaga nazista. Curiosità vuole che gli inglesi giunsero nella residenza in cui i van Heemstra avevano trovato rifugio il 4 maggio 1945, il giorno del sedicesimo compleanno di Audrey.

Una volta ultimata la liberazione del paese, seppur con mezzi e fondi molto limitati, la giovane Hepburn, che non smise mai di pensare all’aspirazione di diventare una ballerina, tentò in tutti i modi di coronare il suo sogno. Col sostegno della madre, che compì ogni sacrificio possibile per aiutare la sua bambina, frequentò le migliori scuole di danza prima in Olanda e poi in Inghilterra, ma le ristrettezze e gli orrori del periodo bellico la condizionarono negativamente. I suoi muscoli e le sue ossa, causa il mal nutrimento, non erano abbastanza sviluppati per sostenere i rigidi ritmi delle accademie di danza. I suoi movimenti, per quanto aggraziati ed eleganti, risentirono degli anni di mancato allenamento.
Ricevuta la brutta notizia che non avrebbe potuto realizzare il suo sogno di diventare Prima Ballerina, Audrey non si diede per vinta.
Era decisa a salire sui palchi di mille teatri, a farsi conoscere. E così intraprese una carriera che, fino a qualche anno prima, non avrebbe mai preso in considerazione: quella dell’attrice. Nel 1948 aveva avuto un primo approccio al cinema, lavorando nel documentario “Nederlands in zeven lessen”, tuttavia, prima di tornare davanti alla macchina da presa, debuttò a teatro e, soprattutto, Broadway con lo spettacolo “Gigi”.


Ma fu il cinema a fare breccia nel suo giovane e sognante cuore.
Bella e slanciata, Audrey era disinvolta di fronte all’obiettivo. Possedeva un impeccabile portamento naturale che, in breve tempo, colse l’attenzione di Robert Lennard, casting director che aveva già lavorato a servizio di John Huston e Fred Zinnemann. Fu lui a suggerire al regista Mario Zampi di scritturarla.


Zampi si fece convincere e offrì ad Audrey il ruolo della protagonista in “Risate in paradiso” ma, a causa di una serie di circostanze avverse, fu costretta a rifiutare l’offerta, e la parte andò a Fay Compton. Ciononostante, la giovane Hepburn era intenzionata a partecipare alla pellicola di Zampi, così accettò la parte di una venditrice di sigarette. Un piccolo ruolo, tanto fugace quanto significativo per la sua carriera.
Quella breve comparsa difatti le aprì le porte per altri lavori tra cui quello della famosa attrice Linda Farrel in “Vacanze a Montecarlo” e della ballerina Nora Brentano in “The Secret People”.
Dopo gli orrori della guerra, la paura di non poter più riabbracciare i suoi fratelli e aver abbandonato per sempre il sogno di diventare una ballerina professionista, dopo i sacrifici di Ella per farle frequentare le migliori accademie e averla sostenuta in ogni sua decisione artistica, finalmente la vita di Audrey giunse ad una svolta. Per la prima volta, dopo anni di sofferenze e delusioni, finalmente la sua vita sembrò poter tornare ad essere una favola.
E fu proprio la favola moderna di William Wyler, “Vacanze Romane”, a consacrare definitivamente il mito di Audrey Hepburn, facendole ottenere la sua prima statuetta ai Premi Oscar.

Grazie al ruolo della Principessa Anna, colei che assieme a Joe Bradley (Gregory Peck) esplorava le vie di Roma a bordo di una Vespa, tutto il mondo imparò ad apprezzare il talento e la bellezza di Audrey, un’attrice la cui esistenza venne sconvolta dagli orrori e dalle atrocità della guerra e che, proprio per tali motivi, ha sempre rifiutato ruoli che avessero a che fare con il conflitto bellico.
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